La donazione di organi è un gesto di grande amore, di civiltà e attestazione di umana solidarietà; riapre le porte della vita e quelle di una rinnovata speranza.

Per capirla è opportuno mettersi nei panni di chi lo vive in prima persona, in questo caso dell’ammalato, che sa che nulla potrà aiutarlo se non la sostituzione dell’organo malato. Si vive allora nella condizione di chi sa che potrebbe guarire ma anche morire o mutilato prima che venga il proprio turno nella lunghissima lista d’attesa. Il trapianto è speranza di chi è ammalato e vede in esso l’unica certezza di salute o di sopravvivenza.

Per poter acconsentire al prelievo dei propri organi o di quelli di un congiunto, bisogna fare un dono molto importante, molto “costoso”. Bisogna vincere le emozioni, le resistenze, le paure, le speranze quando ci si trova di fronte alla morte per il senso di coscienza civile, di solidarietà umana e per amore degli altri.

Il donatore è colui che in onore alla umana solidarietà e rinunciando al proprio egoismo, mettendo da parte il proprio dolore, la propria angoscia, le illusioni e le speranze dimentica la propria sofferenza per la vita di altri uomini.

L’unità dei viventi viene sostenuta ogni giorno con più forza dalla scienza e l’uomo non è che una piccola cellula di quel grande organismo che si chiama umanità. Bisogna superare diverse paure che vengono dal passato, dalle tradizioni, dalle superstizioni, dall’ignoranza che giustificabile in altri tempi, non può e non deve condizionare la realtà attuale.